Il lavoro per una crescita personale e professionale.

Di Franco Lepore*

Franco Lepore seduto alla scrivania davanti al computer
Franco Lepore in una foto scattata in occasione del webinar “Università e lavoro per una crescita personale e professionale”.
Torino, 8 maggio 2021.

Attualmente ci sono in Italia ancora migliaia di ciechi e ipovedenti in cerca di un’occupazione. Molte persone con disabilità visiva non riescono a trovare un lavoro perché devono affrontare, oltre alle difficoltà di tutti, il pregiudizio ancora troppo diffuso verso la propria condizione sensoriale, anche quando questa non pregiudica in alcun modo lo svolgimento regolare di una attività lavorativa.

La società odierna è caratterizzata da una crescente disoccupazione, da un aumento della precarizzazione del lavoro e dall’esigenza di ridurne i costi ad ogni costo, con conseguente ricaduta negativa su tutti i lavoratori, ma soprattutto su quelli con disabilità. Ci sono diverse norme che garantiscono l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità che però rimangono spesso disapplicate.

E poi ci sono i pregiudizi e le diffidenze. Ancora oggi molte aziende considerano l’assunzione di una persona con disabilità solo come un obbligo di legge da assolvere. Inoltre è opinione ancora troppo diffusa che il lavoratore con disabilità sia scarsamente produttivo. Queste considerazioni sono dettate dalla poca conoscenza del mondo della disabilità.

I datori di lavoro dovrebbero sforzarsi di cambiare prospettiva. Non bisogna pensare solo a quello che un lavoratore con disabilità non può fare. Bisogna invece concentrarsi su quello che è capace di fare. Difatti anche i lavoratori con disabilità hanno potenzialità e capacità residue che possono essere sfruttate.

Notoriamente quando si pensa al lavoro delle persone con disabilità visiva vengono in mente due storiche professioni: il centralinista e il fisioterapista. Negli scorsi anni queste professioni sono state tradizionalmente appannaggio di chi non vede, anche grazie a leggi specifiche. Oggi le nuove tecnologie stanno aprendo scenari lavorativi inediti e promettenti fino a qualche tempo fa inimmaginabili. Attualmente gli screen reader e i software di ingrandimento consentono alle persone con disabilità visiva di poter utilizzare autonomamente un computer o un dispositivo mobile, di scrivere e leggere documenti, di gestire la posta elettronica e di navigare su internet. Grazie alle nuove tecnologie non è più così raro incontrare non vedenti che svolgono la professione di avvocato, psicologo o programmatore informatico.

E’ bene evidenziare che il lavoro per una persona con disabilità non è solo una fonte di reddito. Un’attività lavorativa permette a chi non vede, o comunque a coloro che hanno una capacità visiva molto compromessa, di confrontarsi con gli altri, di accrescere la propria autostima e la consapevolezza nei propri mezzi, di migliorare la propria autonomia e di intessere rapporti interpersonali. In altri termini, per le persone cieche e ipovedenti il lavoro rappresenta una crescita personale e professionale che rafforza la propria identità.

Non dimentichiamo però che il diritto al lavoro non si garantisce solo con buone leggi o con il ricorso alle nuove tecnologie. Ci vuole una crescita culturale e una visione veramente inclusiva di tutti gli attori che si occupano di formazione e di inserimento lavorativo. Solo insieme e solo mediante un confronto costruttivo si possono creare nuove opportunità lavorative per ciechi e ipovedenti. Pertanto l’invito per tutti, datori di lavoro e persone con disabilità visiva, è quello di provare a superare le soluzioni preconfezionate del passato, facili e consolidate, e a esplorare nuovi orizzonti non standardizzati, perché i ciechi e gli ipovedenti, se messi nelle giuste condizioni lavorative, non solo possono raggiungere risultati paragonabili agli altri lavoratori, ma possono essere una risorsa per le aziende e più in generale per la società.

 

Sempre in tema di lavoro di ciechi e ipovedenti (in questo caso psicologi), vi invitiamo a leggere l’articolo di Carlo Giacobini, pubblicato qualche giorno fa su Vita.it, che offre un chiaro esempio di come i pregiudizi diano origini a discriminazioni vere e proprie:

http://www.vita.it/it/blog/h-factor/2021/05/13/luovo-di-brancusi/5040/

 

*Avvocato. Disability Manager della Città di Torino

 Socio fondatore di FE.D.MAN.

 Presidente UICI Piemonte

 

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