Sia il 3 Dicembre tutto l’anno! Anche perché “è facile parlare di disabilità”

Su sfondo bianco a sinistra il simbolo delle nazioni unite con il basso la scritta "United Nations, Convenzione sui diritti delle persone con disabilità. A destra la scritta: 3 dicembre 2022 "Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità"

di Stefano Borgato (*)

Abbiamo “giocato” con il nostro titolo, riunendo il condivisibile concetto espresso in questi giorni da Iacopo Melio («Sia il 3 Dicembre tutto l’anno»), con il titolo del suo ultimo libro, dato alle stampe da Erickson, ovvero appunto “È facile parlare di disabilità”, di cui è tuttavia importante menzionare anche il fondamentale sottotitolo, ossia “Se sai davvero come farlo”. Il volume di Melio è una sorta di guida snella e scorrevole, pratica e concreta, per chiunque voglia imparare a utilizzare le parole giuste per abbattere muri e costruire ponti

Copertina le libro di IACOPO MELIO "E' facile parlare di disabilità" edito da Erickson

«Tutte le varie Giornate avranno realmente senso soltanto finché continueremo a programmarle con il profondo impegno di non doverle più menzionare molto presto, perché a quel punto vorrebbe dire che tutte le persone sono diventate pienamente consapevoli di ciò che la disabilità sia, di quello che comporti e di come poterla affrontare per non crearne più. Basta con le inutili etichette, iniziamo a pretendere (e a dare) una sincera attenzione: sia il 3 dicembre tutto l’anno!»: sono parole di Iacopo Melio, scritte in occasione della  Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità di dopodomani, 3 Dicembre, e che del tutto condividiamo. 

Classe 1992, Melio, persona con disabilità motoria, ottenne già nel 2014 un risalto mediatico internazionale, con la sua campagna di sensibilizzazione per l’abbattimento delle barriere architettoniche denominata #vorreprendereiltreno, che lo portò, l’anno successivo, a fondare l’omonima Associazione, per portare avanti progetti inerenti alla disabilità e non solo. Nel 2017 vinse il Premio del Cittadino Europeo, istituito dal Parlamento Europeo, e nel 2018 il Premio CILD per le libertà civili, promosso dalla CILD (Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili) e riservato a «persone che quotidianamente, nell’àmbito delle proprie attività, contribuiscono alla promozione e alla protezione dei diritti umani nel nostro Paese», fino ad ottenere, alla fine di quello stesso anno, la nomina a Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, dal presidente della Repubblica Mattarella, «per il suo appassionato contributo alla causa dell’abbattimento delle barriere architettoniche e degli stereotipi culturali». Ospite anche delle nostre pagine, lo scorso anno è stato eletto Consigliere della Regione Toscana In questi giorni è uscito da Erickson il nuovo libro di Melio È facile parlare di disabilità (se sai davvero come farlo). La comunicazione giusta per un mondo inclusivo, sorta di guida snella e scorrevole, pratica e concreta, per chiunque voglia imparare a utilizzare le parole giuste per abbattere muri e costruire ponti.
Ma c’è un modo «corretto» per parlare di disabilità? Quali sono gli errori più comuni che non sappiamo di commettere? Le persone con disabilità sono “persone speciali” o semplicemente “persone”? Ma, soprattutto, perché le parole dovrebbero contare più dei fatti? Sono le domande a cui intende rispondere il volume di Melio, contenente anche contributi di Vera Gheno, Fabrizio Acanfora e Flavia Monceri, basandosi su una serie di concetti precisi, come si legge nella presentazione editoriale, ovvero che «La disabilità non esiste: è la società che la crea ogni volta che ostacola la parità , non fornendo a ognuno gli strumenti di cui ha bisogno per poter essere al pari degli altri, per esprimere le proprie abilità. La disabilità è quindi un prodotto sociale: siamo noi, con i nostri comportamenti, a fare in modo che le vite di alcuni siano più complicate di altre. Pertanto il solo modo giusto di raccontare la disabilità è facendola scomparire dal nostro punto di vista, ricentrando l’attenzione sulla persona: è sufficiente un po’ di formazione, la giusta empatia e la voglia di condividere qualche semplice accorgimento, per costruire un’inclusione davvero universale, sradicando le cattive abitudini attraverso prospettive nuove, che passano prima di tutto attraverso il linguaggio. Perché atteggiamenti e comportamenti dipendono sì dal contesto sociale e dalla cultura nella quale ci si trova, ma questa a sua volta è formata, alla base, soprattutto dalle parole»., (S.B.) 

(*) Fonte superando.it

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