«REPORT» E IL COVID

di Anna Maria Lorusso*

La prof.ssa Anna Maria Lorusso era già stata nostra ospite a maggio scorso e in quell’occasione, tra le altre cose, avevamo parlato con lei dei vaccini e di come la percezione della loro utilità ed efficacia da parte dell’opinione pubblica sia fortemente influenzata dal modo in cui i mass media, vecchi e nuovi, ne parlano (è possibile leggere l’intervista a questo link o ascoltarla cliccando qui). Sempre su questo tema, oggi vi proponiamo un articolo in cui la professoressa Lorusso analizza una puntata della trasmissione di Rai3 “Report”, aprendo una riflessione su quelli che dovrebbero essere i compiti di un servizio informativo costruttivo.  

Schermata della puntata Report oggetto dell'articolo

«REPORT» E IL COVID

di Anna Maria Lorusso*

Come sempre, e sempre di più, il dibattito si polarizza fra chi difende i vaccini (e il governo e l’Italia) e chi difende la libertà (in questo caso declinata come libertà di espressione, libertà giornalistica). Ma se non siamo in grado di uscire da questo manicheismo, non usciamo dalle semplificazioni. Sicché lo spazio pubblico sarà sempre più ridotto a un’arena che oppone contendenti, anziché articolare differenze.

Il fatto è che la comunicazione non funziona solo per dichiarazioni esplicite e assertive. Se così fosse, dovremmo concordare con Ranucci: nella trasmissione di Report andata in onda qualche giorno fa non c’era alcuna affermazione antivax. Eppure la comunicazione produce effetti di senso, funziona cioè su molti livelli: le implicature (per cui se chiedi «ma lo stiamo davvero facendo?» stai retoricamente suggerendo che no, non stiamo facendo quel che dobbiamo), le associazioni sincretiche musica/immagini/parole (in Report strategiche: le canzoni che aprivano i servizi erano quasi sempre fortemente svalorizzanti), le presupposizioni (per cui con «navighiamo a vista» presupponiamo una certa dose di incoscienza…). Su questo piano direi che non ci sono dubbi: la puntata produceva un rischio concreto di tradursi in effetto delegittimante sulle scelte del governo in termini di vaccini e Green Pass.

C’è qualcosa di sbagliato in questo? Non credo, ma non voglio qui entrare nel dibattito sui diritti/doveri del servizio pubblico rispetto alle linee del governo. Tenderei a sostenere che la libertà di espressione va sempre rispettata. La mia riflessione è un’altra, ed è testuale, vorrei dire semiotica (che è la disciplina con cui mi sono formata e che insegno). E ha a che fare con la consapevolezza degli effetti di senso del proprio intervento discorsivo.

In un mondo ideale (o in una situazione delicata come quella attuale, dove abbiamo visto cosa è successo ad esempio a Trieste, in termini di conflitto e contagio) la comunicazione dovrebbe essere particolarmente avvertita e particolarmente «sensibile», non al rispetto dell’autorità ma alla complessità delle situazioni.

Continuiamo invece a costruire le storie giornalistiche allo stesso modo, secondo la stessa sintassi: problema – preparazione delle soluzioni – speranza – tradimento – colpe – interessi economici – danneggiamento del popolo… Anche Report ha seguito questo copione: ha dato un iniziale allarme (di cui diamo un sintetico fotogramma dei primi minuti di trasmissione), ha sollevato molti dubbi in forma continuamente interrogativa,  è andato sui «luoghi del delitto» per rispondere a domande preventivamente formulate, ha spesso concluso (con gli interventi di Ranucci, incaricato di cucire insieme i vari servizi) su sanzioni negative («un errore gli inviati di Report lo hanno scoperto», «abbiamo scoperto un’anomalia, è stato commesso un errore»). E le persone comuni – intervistate qua e là, a dare il sapore della verità di strada – sono emerse come vittime, costrette a subire decisioni sbagliate o affrettate o interessate: delle case farmaceutiche e dei governi.

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* è professoressa associata al Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna. Presidente dell’Associazione italiana di Studi semiotici, ha curato da ultimo La filosofia di Umberto Eco (La Nave di Teseo, 2021).

Fonte: “il Mulino”. Rivista bimestrale di cultura e di politica

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