Bullismo. Consigli per genitori

Dopo aver affrontato in generale il tema del bullismo nell’articolo Bullismo, cyberbullismo e pregiudizio, che potete leggere qui, approfondiamo l’argomento offrendo ai genitori qualche utile consiglio per riconoscere il bullismo e saperlo distinguere da altri fenomeni.

Ragazzo seduto davanti ad un computer dal cui schermo esce una mano con un dito puntato verso di lui oltre a nuvolette con diverse icone negative

 Bullismo. Consigli per genitori

Di Simone Gargiulo*

E’ ormai consolidato che il bullismo e il cyberbullismo hanno un’influenza negativa sia a livello personale che sociale in chi ne è coinvolto sia nel clima della classe e della scuola. Il fenomeno del bullismo è espressione di un disagio presente sia nei bulli che nelle vittime. Si potrebbe pensare, erroneamente, che le conseguenze del bullismo e del cyberbullismo siano esclusivamente a carico delle vittime. Mentre in quest’ultima sono individuabili dei sintomi internalizzanti, caratterizzati da esperienze e comportamenti diretti verso sé stessi (bassa autostima, depressione, ansia, ecc.); nel bullo si rilevano sintomi esteriorizzanti, ossia, diretti verso gli altri (aggressività, oppositività, delinquenza, ecc.). In coloro che assistono si rileva una riluttanza nell’andare a scuola, sentirsi timorosi e si rafforza una logica di indifferenza (“è meglio stare alla larga, altrimenti il bullo se la prende anche con me!”). Così come per le vittime ci sono delle conseguenze a breve, medio e lungo termine, anche chi mette in atto comportamenti di bullismo non se la passa di certo meglio. E’ stata dimostrata un’associazione tra l’essere prevaricatore e il basso rendimento scolastico, disturbi della condotta per incapacità a rispettare le regole e difficoltà relazionali. Mentre, a lungo termine, si registrano ripetute bocciature e abbandono scolastico, comportamenti devianti e antisociali quali crimini, furti, atti di vandalismo, uso di armi e abuso di sostanze (tabacco, alcool, droghe). Non è raro che nei discorsi comuni, e con un tono sarcastico, si assista ad affermazioni come: “ah no, mio figlio (risatina) altro che vittima, semmai è un bullo (risatina)”. A fronte del fatto che nel prevaricare qualcuno non c’è mai niente di entusiasmante, e con il beneficio del dubbio che non si conosca in realtà cosa sia il bullismo e il cyberbullismo inteso in senso psicologico, è compito degli adulti educare i minori, anche nel proprio modo di porsi nei discorsi quotidiani nei confronti del bullismo. Certo, gioca un ruolo importante l’opinione che nella vita bisogna farsi rispettare, ma il termine rispetto in tal senso acquista una valenza ben distante dall’ottenerlo con comportamenti positivi e civili: l’uso della forza e dell’aggressività per farsi valere e per ottenere ciò che si vuole non è mai accettabile! Porre dei limiti alle manifestazioni di rabbia e definire delle regole chiare è il primo passo per contrastare la messa in atto di comportamenti problematici. Nella stragrande maggioranza dei casi per i genitori non è semplice venire a conoscenza che il proprio figlio è autore di bullismo e tra l’incredulità (“mio figlio è un bravo ragazzo/a”) e giustificazioni (è stato provocato/a, stava giocando e scherzando) la strada maestra è quella di assumere un atteggiamento collaborativo con la scuola e intervenire affinchè le prevaricazioni cessino. La scuola, dal canto suo, deve attivare una serie di azioni che coinvolgano i singoli alunni, il gruppo classe e gli insegnanti. Ricordiamoci che il centro del nostro interesse deve essere il minore e la promozione del benessere! Il primo passo che può essere fatto dai genitori è quello di saper riconoscere il bullismo, senza confonderlo con altri fenomeni. Per riconoscere se mio figlio è stato ripetutamente vittimizzato da un coetaneo o se egli stesso è autore di comportamenti bullistici, è possibile far riferimento ad alcuni indicatori comportamentali.

Nella vittima, sono individuabili:

– sintomi fisici: mal di testa, mal di pancia, mal di stomaco (in particolare la mattina prima di andare a scuola);

– sintomi psicologici: disturbi del sonno, incubi, attacchi d’ansia;

– problemi di concentrazione e di apprendimento, calo del rendimento scolastico;

– riluttanza nell’andare a scuola, disinvestimento nelle attività scolastiche/sportive;

– svalutazione della propria identità, scarsa autostima.

Mentre, i bulli:

– tendono a rivolgere comportamenti aggressivi verso i coetanei più deboli, ma non solo.

– hanno un forte bisogno di sottomettere, dominare e comandare gli altri, di affermare se stessi con la minaccia, di imporre il proprio punto di vista;

– si arrabbiano facilmente, sono impulsivi e poco tolleranti verso la contrarietà;

– non rispettano le regole e tentano di acquisire vantaggi anche con l’inganno.

Cosa possiamo fare come genitori?

I genitori spesso si sentono impotenti e rischiano di mettere in atto, inconsapevolmente, comportamenti inefficaci o che aggravano delle situazioni, come quelle del bullismo, già di per sé intricate. Vestire i panni del supereroe, essere presi dalla fretta di risolvere tutto e subito ad ogni costo, essere dalla parte del figlio-bullo difendendo l’indifendibile non porta in realtà a dei risultati ottimali.

Sia nei bulli sia nelle vittime, il primo segnale indicatore è il cambiamento nei comportamenti, che è sempre sintomo di qualcosa. Da qui è fondamentale prestare attenzione e creare dei momenti di confronto e di condivisione con i nostri figli. E’ altresì importante prendere consapevolezza, riconoscere i sintomi di malessere e non minimizzare il bullismo (sia nel caso che nostro figlio sia vittimizzato sia che metta in atto comportamenti bullistici).

Per chi è vittima di bullismo non è semplice parlare con un adulto (insegnanti e genitori) di quanto subisce, sia a livello emotivo (per la vergogna o per la paura di ritorsioni da parte dei compagni), sia perché non vuole dare l’immagine di sé come di una persona che non riesce a far fronte alle situazioni. Il bambino o l’adolescente sarà disposto a confidarsi solo se non si sentirà giudicato e se troverà nell’adulto un punto di riferimento capace di farlo uscire da quella condizione e, in particolare, con modi che non lo mettano a disagio con il gruppo. Non è raro che la richiesta d’aiuto venga sottovalutata dagli adulti. In alcuni casi vengono assunti degli atteggiamenti che sminuiscono quanto viene riferito. Consigliare alla vittima di reagire equivale a mettere il dito nella piaga e farla sentire, ancora una volta, inadeguata. In alcuni casi i compagni, i fratelli, e non di rado alcuni genitori, consigliano di non farsi mettere i piedi sopra e di opporsi in maniera ostile, ancorati ad un retaggio culturale che prevede di farsi rispettare utilizzando l’aggressività fisica. Questi consigli non aiutano di certo nella risoluzione del problema; posto che l’aggressività e la violenza non si contrastano con l’aggressività, la vittima non sa e non riesce a far fronte alla situazione efficacemente. Deve, piuttosto, essere educata ad acquisire competenze comunicative di tipo assertivo e a mettere in atto comportamenti che non la espongano alle condotte bullistiche; così come il bullo deve imparare a rapportarsi in modo non aggressivo. Quindi, promuovere un rapporto di fiducia e ascolto non giudicante si rivela un ottimo punto di partenza. Di converso, il bullo tenderà a sminuire la gravità dei propri comportamenti e a negarli. Chi ricopre il ruolo di bullo deve essere fermato dall’agire i comportamenti di sistematica aggressività, con la consapevolezza del fatto che condivide con la vittima il bisogno di essere aiutato e ascoltato.

Si rivela una strategia efficace mantenere il contatto con la scuola (dirigente scolastico, docenti, referente bullismo e cyberbullismo) o, in altri contesti formali (come, ad esempio, nello sport) con gli adulti di riferimento, per poter intervenire efficacemente e rivolgersi ad esperti del settore (psicologi, psicoterapeuti, pedagogisti, ecc.) e, non ultimo, alle forze dell’ordine.

I nostri figli devono sapere che siamo disponibili al dialogo rispettando i loro silenzi e i loro tempi, ma devono sapere che ci siamo! 

È, inoltre, altrettanto importante che sia condiviso da parte dei minorenni, delle famiglie, dell’Istituzione Scolastica, della Comunità che il bullismo non è ammesso. Ognuno può e deve impegnarsi per creare un clima positivo e contrario alle prevaricazioni perché il bullismo e il cyberbullismo fanno male a tutti.

Graffito di una ragazza seduta con la schiena appoggiata al muro che ha nella mano destra il cellulare e la mano sinistra sulla fronte

*Psicologo. Laurea Specialistica in Psicologia conseguita presso l’Università degli Studi di Cagliari

Autore della ricerca scientifica “Le rappresentazioni sociali del bullismo veicolate dalla carta stampata” (S. Gargiulo, M. Agus, F. Marini; 2008), in collaborazione con la Cattedra di Psicologia della Formazione dell’Università degli Studi di Cagliari.

Responsabile scientifico e formatore in progetti di prevenzione e contrasto al bullismo, al cyberbullismo e ai pericoli del web rivolti agli alunni di ogni ordine e grado, genitori, insegnanti e operatori sociali.

Coordinamento scientifico, formazione, conduzione dei laboratori, monitoraggio e valutazione del progetto Cyber… Comunicando #parliamoneinrete (2018), I.C.S. n° 2 Sinnai – Scuola Polo per la Regione Sardegna, rivolto ai docenti Referenti del bullismo e del cyberbullismo.

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